Bere caffè diminuisce
il rischio di depressione
Le donne
che ne bevono due o più tazze al giorno sembrerebbero avere minori probabilità
di andare incontro a fenomeni di depressione
Il caffè
rappresenta un tema di notevole interesse per le sue molteplici virtù e perché è
la bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua.
Un nuovo
studio pubblicato sugli "Archives of Internal Medicine" evidenzia che le donne
che ne bevono due o più tazze al giorno sembrerebbero avere minori probabilità
di andare incontro a fenomeni di depressione. Lo studio conferma quanto già da
tempo la Società italiana di scienza dell’alimentazione (Sisa) - evidenzia la
società scientifica in una nota - aveva affermato circa l’effetto del caffè.
Pertanto, dopo avere recepito gli importanti effetti positivi del caffè sulla
concentrazione, l’attenzione e la prontezza di riflessi, ora con questo studio
si entra in un campo molto più ampio, ricco di possibilità, che riguarda la
prevenzione delle malattie relative al mondo psichico, dalla depressione ad
altri disturbi sia pur lievi della sfera psichica. D’altra parte, è noto da anni
che la caffeina interagisce positivamente con diversi recettori, favorendo una
situazione di benessere.
Su
questa base l’assunzione di caffè può assicurare qualche beneficio dal punto di
vista psicologico anche al paziente depresso, al quale l’uso del caffè non è mai
stato vietato o sconsigliato, a patto naturalmente che non interferisca con
l’assunzione di farmaci antidepressivi. Sempre a questo riguardo può essere
interessante ricordare che nel 2014 sul World Journal of Biological Psychiatry
sono stati elaborati i dati provenienti da 3 vastissimi studi di follow-up
durati 20, 16 e 14 anni e riguardanti nel complesso circa 200mila fra uomini e
donne, circa i rapporti fra consumo di caffè e caffeina e il rischio di
autolesionismo. Le conclusioni, che hanno permesso di stabilire che il consumo
di caffeina é associato chiaramente ad un diminuito rischio di autolesionismo,
meritano di essere ricordate in questa sede in considerazione delle riconosciute
connessioni esistenti fra sindromi depressive e tendenza a tali comportamenti.