Sesso e giovani: tutta la verità

 

I ragazzini di oggi sono trasgressivi e spregiudicati o deboli e disinformati? In realtà, entrambe le cose. Parola di Marco Rossi, il sessuologo più amato dai giovani

 

Il sesso e i giovani. Due realtà così vicine eppure spesso così lontane, separate da dubbi e domande a cui è difficile trovare risposta. Perchè per parlare di sesso ai giovani bisogna saper usare le chiavi di comunicazione giuste. Chi ne possiede una copia è certamente Marco Rossi, psichiatra e sessuologo diventato ormai una vera celebrità. Le sue consulenze alla radio e in televisione, da Love line di Mtv in poi, richiamano puntualmente centinaia di ragazzi. Così è stato per il suo ultimo appuntamento, il 30 marzo alla fiera di Vicenza,  inseristo nel programma di conferenze annuali sul rapporto genitori-figli promosso da Impresa Famiglia - Scuola per Genitori dell’Associazione Artigiani della provincia di Vicenza. 

Dottor Rossi, quali sono state le sue impressioni sull'incontro di Vicenza?

E' stato un confronto molto interessante. Nonostante ci fossero più di 850 ragazzi, la platea era attentissima, sintomo che i giovani hanno sempre molto interesse per l'argomento sesso. Hanno anche molte carenze sulle informazioni di base, e per questo hanno bisogno di interlocutori in grado di comunicare con loro. Basti dire che durante l'incontro ho ricevuto più di duemila sms in diretta!  

Quali sono le lacune dei giovani, le domande che le fanno più spesso?

Certamente hanno pochissima conoscenza dell'anatomia e delle fisiologia della risposta sessuale, e le ragazze conoscono il ciclo mestruale in modo confuso, mischiano le informazioni corrette con le leggende metropolitane. Senza dubbio, però, le domande più frequenti sono quelle che riguardano le malattie sessualmente trasmissibili e la contraccezione, che sono poi i due problemi che preoccupano maggiormente i giovani. Ma non dimentichiamo che il sesso va anche oltre: i ragazzi generalmente non conoscono il modo di confrontarsi con l'altro, mancano le basi della comunicazione sessuologica.  

Secondo lei, i giovani hanno molte possibilità di sfogare questi dubbi?

Direi di no. In famiglia non si parla, e a scuola educazione sessuale non si fa. Il problema della mancanza di dialogo sul sesso rimane, e per contro le incertezze vengono accresciute dalla continua diminuzione dell'età media del primo rapporto. Adesso si aggira intorno ai 15 anni, ma mi capita sempre più spesso di parlare con tredicenni che hanno già una vita sessuale. I ragazzi, insomma, in fatto di sesso fanno tanto ma sanno poco, e per di più tra di loro ne parlano nel modo sbagliato, chiacchierando più per vantarsi tra amici che per confrontarsi.  

E così i comportamenti sessuali diventano sempre più confusi e trasgressivi. Cosa ne pensa degli episodi di sesso in classe o ripresi con il videofonino?

Fortunatamente si tratta ancora di episodi marginali, nonostante l'eco che ne viene data, ma certamente sono segnali di ciò a cui stiamo andando incontro. La diffusione del sesso a scuola è strettamente legata all'abbassamento dell'età dei rapporti: ragazzi così piccoli non hanno la macchina nè la casa, e la scuola diventa l'unico luogo d'incontro a disposizione, anche perchè ci passano la maggior parte della giornata. Il mezzo tecnologico, poi, agisce da cassa da risonanza, trasformandosi nello strumento ideale per diventare attori e registi delle proprie fantasie sessuali, già naturalmente amplificate dall'età.  

Come dovrebbe comportarsi un genitore di fronte a un figlio che inizia a scoprire il sesso?

Innanzitutto non dovrebbe preoccuparsi tanto di cosa dire, quanto semmai di cosa fare. Il genitore deve essere un esempio, trasmettere ai figli il modo di vivere serenamente il proprio corpo e la propria sessualità. Se parlare apertamente di sesso con un figlio può essere imbarazzante o difficile, attraverso il comportamento si possono dare segnali molto più forti. Lasciare dei preservativi in un luogo della casa in cui il figlio sappia di poterli trovare, parlare con la propria figlia dei metodi di contraccezione usati... sono tutti modi per avvicinarsi ai giovani senza voler fare lezione. Un genitore deve far capire al figlio che il sesso non è solo l'aspetto medico o tecnico, ma che c'è anche una componente emotiva e sentimentale importantissima.  

E un figlio alle prime armi con il sesso, come dovrebbe comportarsi?

Senza dubbio chiedendo, leggendo, informandosi. Internet, per esempio, è una fonte preziosissima per la ricerca di informazioni, e dimostra che la tecnologia non è solo sesso con i videofonini. La contraccezione, poi, deve essere sempre una priorità: adesso, sul mercato, esistono metodi ancora più comodi ed efficaci come l'anello vaginale. Il problema è che, a cominciare dal preservativo, spesso i contraccettivi costano troppo, e così i giovani finiscono per scegliere il coito interrotto, che infatti è ancora il metodo più diffuso. A questo riguardo, ritengo che sarebbe fondamentale facilitare l'accesso dei giovani alla contraccezione.  

Dalle sue parole emerge l'immagine di un adolescente con due volti: uno libero e trasgressivo, l'altro insicuro e dubbioso. In tutto questo i tabù sono scomparsi o ci sono ancora?

I tabù nel senso di divieti no, sono stati assorbiti da una società in cui tutto è lecito. Rimangono però i buchi neri di conoscenza, per esempio sull'orgasmo. Quando si è molto giovani, diciamo tra i 15 e i 20 anni, i maschi dimenticano il senso del piacere perchè vivono il sesso in modo prestazionale, come un traguardo da raggiungere. Per le ragazze è lo stesso: sono talmente prese dalla quantità da dimenticare la qualità del rapporto. Ma non dimentichiamo che questo, all'inizio della vita sessuale, è perfettamente normale.

 

Contraccezione: come va in Italia?

Tra vecchi tabù e carenza di informazione, la situazione contraccettiva italiana risulta ancora arretrata rispetto alla media europea. Qualcosa, però, sta cambiando...

 

Qual è la situazione della contraccezione in Italia? Rispetto ad altri Paesi, il panorama nazionale presenta senza dubbio alcune arretratezze.

Circa un terzo delle coppie italiane, ad esempio, pur non desiderando figli non fa uso di metodi contraccettivi o sceglie di ricorrere al coito interrotto, e le gravidanze indesiderate sono ancora troppo numerose.

Purtroppo, anche le generazioni più giovani confermano questo trend: tra le adolescenti che hanno avuto esperienze sessuali (oltre 4 su 10 entro i 17 anni), poco più della metà ricorre a metodi anticoncezionali (profilattico 18%, pillola 4%, metodi naturali, diaframma e spirale 4% nel complesso), ma quasi la metà a nessun metodo (13%) o al coito interrotto (3%).

Nonostante questo, negli ultimi trent’anni sono stati registrati profondi cambiamenti sia nella scelta delle metodiche contraccettive nel loro complesso, sia nella disponibilità di nuove associazioni estroprogestiniche.

Per quanto riguarda i metodi di barriera, è stata per fortuna ben definita l’importanza dell’uso del profilattico quale migliore protezione dalle malattie sessualmente trasmissibili.

I dispositivi intrauterini, invece, si sono susseguiti nel tempo con forme e caratteristiche differenti, fino ad arrivare a quelli medicati con progestinici, come l’anello vaginale, che realizzano un perfetto compromesso tra la contraccezione intrauterina meccanica e quella ormonale propriamente detta.

Nell’ambito della contraccezione ormonale, inoltre, si è osservato un progressivo miglioramento delle formulazioni, legato alla riduzione dei dosaggi della componente estrogenica e progestinica, che ha consentito alla contraccezione ormonale di raggiungere una neutralità metabolica soprattutto nei confronti del metabolismo glucidico e lipidico, e di ridurre notevolmente il rischio tromboembolico legato principalmente alla componente estrogenica.

Infine, negli ultimi anni sono state introdotte nella pratica clinica nuove vie di somministrazione al di là di quella classica orale. Si tratta di vie di somministrazione a lento rilascio, rappresentate da quella transdermica (cerotto) e da quella trans-vaginale (anello), che hanno consentito un miglioramento della sicurezza ed un incremento dell’accettabilità.

Nonostante questi progressi farmacologici, però, le scelte contraccettive delle donne italiane risultano in parte differenti da quelle di altri paesi europei.

Da un rapporto del CENSIS del 2000 emerge che il 31,6% delle coppie italiane utilizza come metodo contraccettivo il coito interrotto, il 28,4% il condom e solo il 20,9% la pillola, mentre il 4,2% sceglie di ricorrere a metodi naturali e il 3,2% alla spirale.

I sondaggi condotti da Sanihelp.it confermano questa distribuzione: su 1133 lettori, il 39.89% dichiara di usare il preservativo, il 28,51% la pillola, l’11,21% il coito interrotto, il 5,21% il cerotto e il 5,74% altri metodi, ma ben il 9,44% ammette di non usare alcun metodo. In altri paesi europei la percentuale di donne utilizzatrici di contraccettivi orali è di gran lunga superiore: in Olanda raggiunge il 53,1%, in Francia il 42,2%, nel Regno Unito il 30,5%, mentre l’Italia resta ferma al 19,1%, seguita solo da Spagna (17,5%), Repubblica Slovacchia (15,5%), Polonia (9,3%) e Grecia (3,5%).

Ma cosa c’è alla base della scarsa diffusione della contraccezione ormonale? In parte una carenza di informazione. Alla domanda «Cosa ne pensi della situazione contraccettiva in Italia?», il 55,4% dei nostri lettori (su un totale di 213) risponde che «La scelta è libera ma l’informazione è poca», mentre per il 17,84% «ci sono ancora pregiudizi».

Lo dimostra il fatto che, per il 58% dei votanti, l’unica informazione in materia di contraccezione proviene dal ginecologo. Sempre in fatto di disinformazione, il 37,63% non sa cosa sia l’anello vaginale, e il 28,48% non conosce l’efficacia della contraccezione naturale.

Le coppie italiane, insomma, hanno ancora molto da imparare, ma lentamente fanno progressi: finalmente hanno capito che la contraccezione è importante (66,9%), e che è una scelta da condividere con il partner (63,95%). La maggior parte (53,5%) inizia a farne uso tra i 15 e i 19 anni, cerca un metodo sicuro (69%) e con pochi effetti collaterali (25%) e ammette di avere qualche disattenzione da migliorare: il 36% ha dimenticato la pillola almeno una volta, il 29% ha provato a rompere il preservativo, e il 17% è stato costretto a ricorrere almeno una volta alla pillola del giorno dopo.

 

di Silvia Nava