L'altra medicina

Dolori e cistite, l'omeopatia arriva in soccorso

Il rischio di contrarre una cistite aumenta soprattutto con il caldo quando la sudorazione abbondante riduce la diuresi e produce una maggiore concentrazione dell'urina e dei batteri in essa contenuti.

Episodi di cistite possono però verificarsi in qualsiasi momento, soprattutto nelle donne, per diverse cause che favoriscono lo sviluppo dei germi: dai rapporti sessuali alla gravidanza, dalla menopausa alla stitichezza. Nei casi più gravi si ricorre all'antibiotico, ma è possibile alleviare la cistite anche con alcuni rimedi omeopatici, scelti sulla base dei sintomi che il paziente presenta. Apis Mellifica è indicato quando la minzione è frequente, dolorosa e ridotta. L'urina esce goccia a goccia con molto sforzo e sembra bollente.

I dolori, oltre che brucianti, sono pungenti e il disturbo peggiora con il caldo e migliora con il freddo. Si ricorre a Sarsaparilla quando il dolore è molto forte soprattutto alla fine della minzione. Non si riesce a urinare da seduti, ma si è obbligati a farlo in posizione eretta. Facilmente si possono perdere le urine, soprattutto la notte.

Anche Equisetum è usato quando il dolore si manifesta alla fine della minzione, e le urine sono abbondanti e di colore pallido. Aconitum è un rimedio utile quando la cistite compare in seguito a un brusco cambiamento di temperatura, per esempio passando da un ambiente caldo al freddo dell'aria condizionata. Il dolore è bruciante e compare in modo acuto e improvviso. Le urine possono essere scure e bollenti.

Si pensa invece a Petroselinum quando è presente un forte tenesmo e il dolore all'atto della minzione è così acuto da indurre brividi e costringere il paziente a fare pressione sul basso ventre, saltellando come in una danza dolorosa.

di Elio Rossi *

Cuore malato da tenere in forma

Se parametri utili per valutare il rischio cardiovascolare, come la presenza di diabete, necessitano di una valutazione oggettiva con misurazioni strumentali, per valutare l’attività fisica basta chiedere al paziente. L’attività fisica che si dichiara di fare nel proprio tempo libero, trova, nel lungo termine, un ottimo livello di correlazione (inversa) con il rischio di morire per cause cardiovascolari e per tutte le altre cause in persone sane dal punto di vista cardiovascolare e che non soffrono di patologie coronariche. Vale a dire che si può considerare un buon indicatore predittivo del rischio cardiovascolare. Quello che non è ancora chiaro è se la stessa considerazione si possa fare quando la domanda viene posta a persone che soffrono di malattia coronarica.

Numeri per dimostrare

Qualche dato statistico significativo è stato ottenuto con un monitoraggio di cinque anni, ma su un campione di nemmeno mille persone, e per quanto fosse stata riscontrata una riduzione del 50% del rischio di morire già con una attività fisica leggera la correlazione si perdeva a livelli di intensità maggiore di esercizio. Poiché mai come in questi studi sono importanti i numeri, è probabile che un campione di 772 persone non sia sufficientemente ampio per poter considerare predittivo un parametro. Ampliando il campione e il periodo di monitoraggio, tuttavia, risultati certi iniziano ad arrivare. Sono stati recentemente resi noti i dati raccolti da un’indagine, avviata nella seconda metà degli anni ’70 e conclusasi negli anni ’90, dopo circa 14 anni e mezzo di monitoraggio di una popolazione di quasi 25 mila pazienti con malattia coronarica provata o sospetta arruolati nel Registro del Coronary Artery Surgery Study (CASS). Annualmente gli operatori, oltre alle valutazioni demografiche e cliniche di routine, inclusa l’abitudine al fumo, hanno chiesto ai pazienti di parlare di ciò che facevano ogni giorno nel tempo libero e che livello di attività fisica e ricreativa avevano praticato nei sei mesi precedenti.

 

Esercizio per vivere di più

Sulla base delle dichiarazioni rilasciate dai pazienti durante gli incontri è stato possibile tracciare una scala di attività a quattro livelli: strenua, moderata, leggera e sedentaria. L’attività strenua includeva anche un aspetto competitivo e la capacità di resistenza allo sforzo magari richiesto da un gioco di squadra. La moderazione prevedeva attività che comportavano piacere e rilassamento; un’attività leggera includeva solo un leggero esercizio fisico; venivano considerate attività sedentarie tutte quelle che si potevano svolgere stando seduti. Sulla base delle risposte e della sovrapposizione dei dati raccolti in quasi 15 anni, è stata osservato che il livello di intensità dell’attività fisica calava soprattutto tra le donne, nelle fasce di età più avanzate, in presenza di diabete, ipertensione tabagismo e familiarità con malattie cardiache coronariche insorte precocemente. Non c’erano differenze tra gli indici di massa corporea anche se chi faceva meno attività fisica aveva un peso corporeo più basso, indice di una minore prestanza fisica. Inoltre, è stato individuato un gradiente di rischio dai gruppi più attivi a quelli meno attivi che vedeva aumentare il rischio di eventi cardiovascolari, nei soggetti sedentari, da 1,6 a 2 volte. Anche a parità di altre variabili, come età, abitudine al fumo, colesterolemia e altre, il gradiente si attenuava, ma rimaneva evidente, a confermare un valore predittivo e indipendente dell’attività fisica e dell’intensità della stessa. Assodato, per buon senso e per evidenze scientifiche, che fare esercizio fa bene quando si sta bene a maggior ragione quando di soffre di una patologia coronarica l’attività fisica non può essere abbandonata. Tanto meno esclusa.

Simona Zazzetta

 

Un abbraccio può valere

come una medicina

In alcuni casi il potere di un abbraccio è molto più forte di qualsiasi farmaco al mondo: rilassa, allevia i dolori e fa stare subito meglio. A sottolinearlo è un gruppo di scienziati svedesi in uno studio presentato a Liverpool in occasione del British Association’s Festival of Science. Dai risultati della ricerca è emerso che quando la pelle viene riscaldata da un altro corpo tramite un abbraccio, il dolore diminuisce significativamente. Questo potrebbe, ad esempio, spiegare perché alcuni genitori coccolano istintivamente il proprio figlio dopo una brutta caduta. Ma anche una mano sulla spalla può essere confortante nei momenti difficili. I ricercatori hanno scoperto che la pelle contiene moltissime fibre nervose che vengono attivate quando siamo coccolati, abbracciati o anche solo toccati leggermente.

Le coccole attivano il centro emotivo del cervello

In pratica, nel momento in cui riceviamo una coccola sono trasmesse informazioni al centro emotivo del cervello che provocano sensazioni di piacere a tutto il corpo. L’attivazione di queste «fibre del piacere», chiamate anche «C-fibre», bloccano il passaggio di altre che trasmettono i messaggi di dolore. Lo scienziato Francis McGlone, della «Unilever» (una compagnia anglo-olandese proprietaria di molti tra i marchi più diffusi nel campo dell’alimentazione e dei prodotti per la bellezza), il cui team di ricercatori ha scoperto le «C-fibre», ha confermato i risultati dello studio. Secondo McGlone, infatti, un abbraccio o una carezza sui capelli svolgono un ruolo molto importante nel farci sentire subito meglio

 

E' arrivato il momento

di curarsi con l'uva

Bella da vedere e buona da mangiare, ma anche amica della salute. L’uva, frutto settembrino per antonomasia, nasconde virtù terapeutiche. «Ogni acino contiene nella buccia e nella polpa una mini-farmacia», utile contro scompenso cardiaco e neuropatie, alleata anti-invecchiamento e cura di bellezza per pelle e capelli. A promuovere i grappoli cari a Bacco è Chiara Trombetti, dietista dell’Istituto clinico Humanitas Gavazzeni di Bergamo. «L’uva ha notevoli qualità di cui può beneficiare il nostro organismo», spiega l’esperta sulla newsletter online «Humanitas Salute». Per esempio, «la spremitura dei vinaccioli dà un olio ricco di acidi grassi polinsaturi che aiutano a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue». Ma l’uva fa bene anche mangiata in grappolo. «Nella polpa troviamo grandi quantità di glucosio, ma anche levulosio e saccarosio, elementi energetici e nutrienti per eccellenza», sottolinea Trombetti. Oltre a pectine e acido tartarico, «che hanno funzione protettiva nei confronti del tubo digerente».

Amica del cuore, anti-ossidante, depurativa

E ancora, «Grazie alla presenza di potassio, l’uva ha un effetto diuretico» utile «ai neuropatici e ai malati di cuore che tendono allo scompenso», nonché un’azione «depurante dell’organismo. Per questo, nonostante sia zuccherina, può essere indicata, ma in quantità limitate, nelle diete dimagranti come alimento disintossicante», dice la dietista. Inoltre l’uva, con «il complesso vitaminico (A, C, PP,B1, B2) che contiene, e i molti sali minerali come il sodio, il calcio, il potassio, il magnesio e il manganese, lo iodio, il fosforo, il ferro e il cromo», esercita «una benefica azione sulla pelle e sui capelli, oltre agli effetti anti-invecchiamento e anti-radicali liberi». Rossa o bianca non fa differenza.