Mia Martini

 

 

Talento, infamia e successo: la vita "dolorosissima" di Mia Martini

Mia Martini, Mimì, Domenica Rita Adriana Bertè sono tre nomi e tre personalità di un corpo solo, quello di una delle più grandi interpreti italiane di tutti i tempi

Cos’è la sfortuna? Molti credono che sia solo un'invenzione dell'uomo, altri invece sono convinti che esista e per questo stringono, portano al collo oppure spargono per casa amuleti per cacciarla via. Ma quando si sparge la voce che a portare scalogna è una persona, quasi istintivamente la prima cosa che si fa è quella di allontanarla, stigmatizzarla, isolarla anche dall'applauso per il suo successo. Si dice che di solito la fama preceda il nome ma nel caso di Mia Martini è accaduto esattamente il contrario e a volte un nome e cognome, nonostante siano solo uno pseudonimo, pesano come un macigno legato al piede.

I primi esordi

Domenica Bertè, detta Mimì, nasce il 20 settembre 1947 a Bagnara Calabra, in provincia di Reggio Calabria. È la seconda di quattro sorelle: Loredana che nasce lo stesso giorno di tre anni prima, Leda e Olivia. I genitori, entrambi insegnanti, si accorgono presto dell’amore di Domenica verso la musica italiana che la bambina ascolta estasiata in radio. Inizia quindi, nonostante la contrarietà del padre, a partecipare a feste, serate ed eventi in balere durante i quali sprigiona la sua voce con una potenza che fuoriesce nel momento in cui tiene in mano un microfono. Ha capito cosa vuole fare nella vita: cantare, solo cantare.

Nel 1962, all'età di soli 15 anni, convince la madre ad accompagnarla a Milano in cerca di un’audizione che possa darle una mano per farsi conoscere. Qui viene provinata dal compositore Carlo Alberto Rossi che la lancia come ragazza “yeye”, cioè quel genere che mescola il rock leggero e il genere pop in voga in quegli anni. Partecipa quindi ad alcuni festival musicali e incide i suoi primi dischi, ma senza riscuotere grande successo. La sua voce e il suo temperamento non convincono.

Il trasferimento e il secondo periodo musicale

Domenica è consapevole: la strada che ha scelto di intraprendere è difficile, tortuosa e deve sgomitare. Quindi con la madre, che nel frattempo si era separata dal padre, e le sorelle, si trasferisce a Roma e tenta nuovamente di emergere creando un trio assieme alla sorella Loredana e all’amico Renato Fiacchini, che più tardi sarà conosciuto con il nome di Renato Zero.

Il 1969 è l’anno che per primo inciderà negativamente sulla sua vita. Domenica si trova a una serata in una nota discoteca della Sardegna e la sta trascorrendo come qualsiasi ragazza della sua età fino a quando, all’improvviso, la situazione cambia e degli uomini che avanzano verso di lei l’ammanettano e la portano in caserma. Scopre di essere stata arrestata perché in possesso di una sigaretta di marijuana, reato che all’epoca veniva punito come per altre forme di sostanze stupefacenti. Dall’accusa però la cantante viene presto prosciolta ma l’evento la sconvolge profondamente e i produttori non sanno che farsene di un'artista che ha avuto guai con la giustizia.

L’anno dopo, spinta anche dai familiari e dagli amici, cerca nuovamente di farsi strada. Il suo incontro fortunato è quello con Alberigo Crocetta, colui che scopre anche Patty Pravo e Mal e da questa collaborazione viene partorito “Mia Martini”, un nome studiato a tavolino che deriva dall’unione del nome dell’attrice preferita della cantante, Mia Forrow, e la nota marca di bevande alcoliche famosa in tutto il mondo. Cambia il nome e lo stile: trucca gli occhi di nero, indossa numerosi anelli e spesso anche un cappellino a bombetta che la caratterizza. Infatti i primi due brani sotto il nuovo pseudonimo, “Padre davvero” e “Amore…amore…un corno”, quest’ultimo scritto da un giovanissimo Claudio Baglioni, hanno un successo travolgente sia per il ritmo ma soprattutto per il testo e difatti vincerà il Festival di Musica d’Avanguardia e Nuove tendenze di Viareggio.

Segue un lp “Oltre la collina” considerato uno dei migliori lavori mai realizzati da una donna e notati anche da artisti ormai noti come Lucio Battisti. Al suo interno Mimì mette tutta se stessa parlando nel testo di disperazione solitudine giovanile. Infatti, se dal punto di vista lavorativo quelli sono anni d’oro per Mia, sul piano emotivo trasuda un malessere che pian piano si insidia come un parassita per Domenica.

Gli anni d’oro

Dopo l’uscita di “Piccolo uomo” Mimì viene invitata nelle trasmissioni televisive più importanti e il 45 giri raggiunge le vette della hit-parade facendole vincere il Disco d’oro per le vendite. A questo successo ne segue un altro, “Donna sola” che le conferirà la Gondola D’Oro. Entrambi i brani verranno pubblicati anche all’estero. Ma il vero successo senza tempo sarà “Minuetto”, un’opera travolgente creata grazie all’aiuto di Franco Califano che viene pensata e scritta seguendo le vicende intime della cantante. È un brano così ricco di sensazioni che il pubblico ne rimane estasiato e infatti diventa in assoluto la canzone più venduta; le permetterà di vincere il disco d’oro, di platino e il Festivalbar nonché il maggior successo de 1973.

Ma al tempo stesso Mia è controversa, amata e odiata anche per i temi affrontati nelle sue canzoni che all’epoca erano una novità da censurare come quello sulla droga e la tossicodipendenza che verrà affrontato con la canzone “La malattia”.

Nel 1973 Mia Martini è la cantante femminile che ha venduto più dischi nell’arco dell’intero anno insieme a Ornella Vanoni e Patty Pravo. Fino al ’75 il suo successo è europeo. È invitata come ospite nelle varie trasmissioni musicali e il 6 febbraio va in onda il suo primo special televisivo dal titolo "Mia".

Il successo è una medaglia che ha due facce e questo Domenica lo sa bene. Se da un lato viene ripagata per tutti i sacrifici, i periodi neri e quelli di sconforto, dall’altro le pressioni arrivano da chiunque: dal pubblico che si aspetta sempre qualcosa in più, dalla casa discografica, dai produttori e anche dai colleghi. Seguono altri brani e altri successi anche se non mancheranno alti e bassi con la sua casa discografica Ricordi, che si trasformeranno in una rottura decisiva e una citazione in tribunale da cui ne scaturirà un sequestro dei beni e dei guadagni della cantante e il pagamento di una penale di 90 milioni di lire. Passa da tutto a niente, ancora una volta.

È un periodo negativo che viene però risollevato con l’invito a rappresentare l'Italia all’Eurovision Song Contest del 1977 dove parteciperà con il brano “Libera” che le conferirà il tredicesimo posto in classifica. Nello stesso anno conosce l’uomo che le farà perdere la testa. Si chiama Ivano Fossati ed è un cantautore con cui collaborerà per l’album “Per amarti” e più tardi quello che verrà intitolato “Danza”.

Il rapporto tra i due è fatto di amore e contrasti. "Mia" è un nome, non un aggettivo possessivo, eppure Fossati è convinto del contrario, tanto che durante un’intervista la cantante ricorderà la relazione fatta di basi “sanguinolente e catastrofiche, - e continuerà – Avevo un contratto con un’altra casa discografica e ho dovuto romperlo a causa sua. Perché era geloso, dei dirigenti, degli amici, di tutti. Ma soprattutto era geloso di me come cantante”.

L'infamia e il declino

In seguito a due difficili interventi alle corde vocali Mia torna sul palco con un look più sobrio e discreto e realizza un album dal nome “Mimì” che contiene dieci brani interamente scritti da lei. Seguono altri successi fino al 1982 l’anno in cui decide di partecipare al Festival di Sanremo. Dopo che si era tirata indietro per ben due volte, quell'anno invece sente di farcela e porta un brano scritto da Fossati: “E non finisce mica il cielo”, con cui vince il Premio della Critica riconosciuto dai giornalisti; lo stesso premio dopo la sua morte prenderà proprio il nome Premio Mia Martini. Successivamente ritrova il successo con “Quante volte…ho incontrato le stelle” e collabora con grandi nomi come Cocciante, Giani bella, Mogol.

La carriera da artista pesa sulle spalle di chi è emotivamente più sensibile e Mimì è una persona estremamente empatica. Questo per lei è un dono perché scrive e interpreta testi che smuovono l'anima, ma è anche una condanna perché la costringe a sentire in modo amplificato tutto ciò che la circonda. Ancora peggio se si deve sorreggere il peso di un'infamia nata solo per il pretesto di alienarla e gettarle ombra. Comincia infatti a spargersi la diceria che Mia Martini porti sfortuna a chi le sta a fianco a causa di un episodio avvenuto qualche anno prima. Un rientro da un concerto in Sicilia era finito in tragedia: durante un incidente stradale erano morti Gianni Caia e Steve Stogel, che poche ore prima si erano esibiti con Mia e la colpa era ricaduta proprio su di lei. Da lì in poi molti le applicano l’etichetta di “portatrice di jella”.

Dieci anni dopo, nel 1983 Mimì è ancora bersaglio di parole sbagliate nei suoi confronti che non riesce a cancellare dalla sua mente. Qualcuno fa il gesto delle corna, qualcun altro si gira dall'altra parte quando la incrocia. Decide quindi di ritirarsi dalle scene per vivere lontana dai riflettori: “La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia. C’era gente che aveva paura di me, che per esempio rifiutava di partecipare a manifestazioni nelle quali avrei dovuto esserci anch’io. Mi ricordo che un manager mi scongiurò di non partecipare a un festival…”.

Anche gli amici, come Patty Pravo che in seguito negherà, le girano le spalle, e infatti durante un’altra intervista racconta un episodio in cui doveva essere ospite per un programma di cui il regista era l’amico Gianni Boncompagni: “Appena entrai in studio sentii Boncompagni che diceva alla sua troupe: ragazzi attenti, da adesso può succedere di tutto, salteranno i microfoni, ci sarà un black out”, per schernire la cantante già vittima di infamia. Addirittura per un periodo la Rai non trasmette le sue canzoni.

Stanca e avvilita si rifugia quindi nelle campagne umbre isolata da tutto e tutti. Il periodo di depressione dura anni e per arginare il problema economico si esibisce solo in serate nelle località di provincia con un pubblico ristretto.

Il terzo periodo musicale

Nel 1889 il musicista e discografico Gianni Sanjust la convince a ritornare a cantare con il brano per anni rimasto inedito: “Almeno tu nell’universo”, che viene selezionato per gareggiare al Festival di Sanremo. Gli incubi, in quei giorni, li fa di notte e di giorno: l'intervento le ha cambiato il timbro, molti se ne accorgono ma nessuno glielo dice e poi ci sono ancora colleghi che non la guardano dritto negli occhi perché fa ancora paura. Sul palco trema, inizia il sottofondo musicale e cala il silenzio. Tutti aspettano trepidanti e l'attacco è lento. All'improvviso arriva il ritornello e ruggisce"...tu, tu che sei diverso, almeno tu nell'universo".

Ce l'ha fatta, ha lasciato tutti sbalorditi con la sua potenza. Arriva solo al nono posto, ma vince il premio alla critica con l’entusiasmo dei giornalisti e del pubblico, premio che per chi ci vede lungo e solo di consolazione. Ne segue un breve periodo durante il quale la cantante viene nuovamente acclamata e invitata nei programmi televisivi e nell’estate dell’anno successivo partecipa al Festivalbar dove le viene conferito il disco d’oro per l’ultimo album “Martini Mia”. In autunno riceve la Targa Tenco come migliore interprete femminile dell’anno e un mese dopo viene premiata dal presidente del Consiglio Giulio Andreotti come “Interprete per eccellenza”.

Da questo momento escono vari singoli e una raccolta, nel ’92 partecipa nuovamente a Sanremo con “Gli uomini non cambiano” con cui arriva seconda ma non le impedisce di partecipare all’Eurovision e con l’album “Lacrime” riceve un ulteriore Disco d’oro. L’anno successivo si presenta nuovamente al Festival insieme alla sorella Loredana Bertè con la quale recupera il rapporto dopo dieci anni di silenzio. La canzone si chiama “Stiamo come stiamo” e le aspettative da parte del pubblico e della critica appaiono sin da subito altissime, ma a penalizzarla saranno i rapporti ancora tesi tra le due Bertè. Dal 1993 inizia una serie di collaborazioni, tra queste vi doveva essere anche quella con Mina con il fine di intraprendere vari progetti musicali.

Negli ultimi mesi del ’95 la cantante scopre di avere un fibroma all’utero ma decide di non sottoporsi all’operazione perché teme che possa incidere sul suo timbro vocale. Per alleviare le sofferenze quindi, inizia a prendere vari antidolorifici che le causano la spossatezza di cui si lamenta con amici e parenti.

Il 14 maggio 1995, a seguito di alcuni giorni di irreperibilità, i vigili del fuoco entrano nella sua casa in provincia di Varese trovando il corpo esanime sul letto: sulle orecchie ancora le cuffie con cui ascoltava la musica e il braccio teso verso l’apparecchio telefonico. L'autopsia dichiarerà che a stroncare la cantante è stato, due giorni prima del ritrovamento, un arresto cardiaco determinato dall’abuso di cocaina, ma le sorelle non crederanno mai all'ipotesi di suicidio. Negli anni successivi infatti innumerevoli congetture e sospetti hanno reso la morte dell'artista un mistero ancora non risolto.

Il suo ricordo eterno, però, è stato reso possibile grazie ai colleghi artisti che continuano ancora oggi a dedicarle le loro interpretazioni dei suoi più grandi successi. Anche nel campo televisivo moltissimi sono stati gli omaggi alla cantante come il film “Io sono Mia” con Serena Rossi e il docu-film “Fammi sentire bella”.

Qualcuno si chiede cosa o chi l'ha davvero uccisa e se sia morta quel giorno del 12 maggio o mese dopo mese dai colpi subiti quotidianamente da chi aveva paura di lei e di pronunciare il suo nome. Una vita “dolorosissima”, come l’aveva descritta lei durante un’intervista, con picchi e crisi costanti, senza neanche un attimo di tregua da quel successo che tanto dà, ma tanto toglie a personalità immense e allo stesso tempo delicate come quella di Mimì.

Laura Lipari